La pandemia ha rimesso in discussione il mondo della ristorazione. Dietro a una facciata di vivo ottimismo per le recenti riaperture, resta a galla il timore di non riuscire a risollevare un sistema che sta cercando di riprendersi da una crisi mai vissuta prima. Stiamo attraversando un periodo in cui convivono pessimismo della realtà e ottimismo della volontà. Si è discusso anche di questo nel corso della prima conferenza d'apertura della quarta edizione del 'Food and Wine Tourism Forum', che si è svolto il 1/o giugno scorso a Milano, nella sede di Identità Golose.
Diverse le zone d'ombra della ristorazione italiana post pandemia, in Italia e all'estero. Secondo il giornalista Paolo Marchi, "il Covid ha messo in ginocchio quella di qualità, tagliata fuori dalle campagne sostegni e che, nonostante tutto, sta comunque resistendo, grazie a iniziative singole di alcuni dei suoi più grandi esponenti. Come il ristorante pop up (locale temporaneo) che ha creato lo chef Andrea Berton a Montecarlo, o le Osterie Gucci a Dubai di Massimo Bottura. “Nonostante tutte le sfide legate alla pandemia, dobbiamo essere ottimisti e lungimiranti e investire nuovamente nel nostro fantastico settore". Così ha detto di recente lo chef Gordon Ramsay annunciando l'apertura di dieci suoi nuovi ristoranti entro l'estate.
In tutta Italia stanno nascendo nuovi format e iniziative sperimentali di qualità. Una dark kitchen ha aperto nel Leonardo Hotel Verona, grazie ai food influencer Vincenzo Falcone e Gian Andrea Squadrilli. Una sfida che ha visto nascere altri sei locali durante i diversi lockdown: tre a Napoli, poi Roma, Milano e Verona. Il format si basa sul food porn americano in salsa italiana: materie prime eccellenti e tecniche di preparazione innovative. Anche gli stellati si adattano ai tempi. Il Carlo&Camillo di Torino riapre come bistrot pop, dal prestigio sabaudo riconosciuto a fianco del ristorante Carignano: nel menù è stata aggiunta una proposta giornaliera dello chef stellato Fabrizio Tesse.
Secondo l'Osservatorio Ristorazione, spicca la crescita dei locali molto modaioli, definibili col termine americano cool, considerati come tendenti al lusso, grazie a un importante lavoro strutturato sull'immagine e sulla qualità percepita. Dilaga un'energia positiva e voglia di innovare. Lo chef Moreno Cedroni ha inaugurato a Senigallia il suo Orto marino e preme per la terza stella Michelin come Ciccio Sultano a Ragusa. L’imprenditore milanese Luca Guelfi ripropone la “Milano da bere” degli anni '80 a tavola e ha aperto un nuovo ristorante in Sardegna.
Ora che ci sono meno limitazioni anticontagio e che i ristoranti hanno riapparecchiato i tavoli anche nella sale interne (non ancora tutti però), siamo proprio certi che i clienti torneranno? Il mercato della ristorazione nel 2019 valeva oltre 86 miliardi di euro, era frequentato da circa 40 milioni di italiani che generavano, ogni mese, un miliardo di occasioni di consumo tra colazioni, pause, pranzi, aperitivi, cene e dopo cena fatte fuori casa. Lo calcola TradeLab, società di analisi e consulenza specializzata nel mercato dei consumi fuori casa, che nel post lockdown (nella prima settimana di aprile) ha realizzato un’analisi su un campione di 800 italiani fra i 18 e i 65 anni d'età. Sono 8 gli italiani su 10 che hanno detto di voler tornare e frequentare bar e ristoranti e per 6 italiani su 10 i consumi fuori casa sono irrinunciabili. Più in generale, il 70% degli Italiani torneranno a frequentare locali conosciuti o già frequentati in passato.
La ristorazione di qualità in Italia è sempre stata vista come un'attività non da grandi numeri. Sono circa 372 i ristoranti italiani con la stella Michelin, ma quanto incidono sull'occupazione e sulla ricchezza prodotta nel nostro Paese? "Se si sommano tutti i fast food di Milano valgono di più" riflette il giornalista Paolo Marchi. "È l'immagine quella che danno, ed è proprio quello che hanno paura non venga capito, perchè è vero che i clienti tornano, hanno voglia di Italia, ma quale Italia troveranno? Chi troveranno quando finirà la pandemia? A Milano, come in altre parti d'Italia, aprono tanti ristoranti, ma si tace su quelli che stanno chiudendo. Secondo il giornalista "una cosa sbagliata da pensare è che questa crisi sia dovuta solo alla pandemia. È come quando un fienile crolla per il troppo vento e per la pioggia, se non lo si metteva a posto da 30 anni e la struttura portante era marcia. Ci vuole grande senso di responsabilità".
Tutte le guide che stanno per uscire hanno preso i voti nel 2020 e li hanno portati nel 2021, con ristoranti che sono stati aperti per soli 20 giorni in un anno. Tra questi, diversi locali e alberghi pensati per i ricchissimi del mondo. Così, venendo meno il turista straniero, tanti stellati non hanno più avuto clienti. Quanti di questi locali reggono veramente a una crisi, se non sono alimentati dal turismo italiano? Il pluripremiato chef René Redzepi di Copenhagen, doppia stella Michelin ed eletto quattro volte miglior ristorante del mondo secondo la classifica annuale The World's 50 Best Restaurants, ci ha visto lungo: appena capito che non potevano arrivare stranieri, si è messo a fare hamburger, mettendo da parte la carica innovativa che lo ha sempre contraddistinto (era stato lo scopritore dei licheni in cucina). Ora ha riaperto, mostrando di aver passato l'onda della crisi.
I clienti non vedono l'ora di tornare al ristorante. II problema che resta da risolvere è riportare i cuochi in cucina e il personale in sala. Una forte criticità nazionale, per un ammanco stimato di circa 150 mila lavoratori. Secondo l'Osservatorio Inps sul precariato, nel 2020 sono andati persi 493 mila contratti a termine. A pesare è stato soprattutto il calo degli occupati nel commercio, dell'alloggio e della ristorazione (-371 mila), mentre le cessazioni dei rapporti stagionali e dei contratti intermittenti sono state oltre 200 mila, perché durante il mancato lavoro, in piena pandemia, c'è chi ha deciso di cercarlo altrove.
C'è fermento, nonostante tutto, nel mondo della ristorazione. L’innovazione è uno degli elementi chiave per qualificare e diversificare l’offerta. "Intercettare il pubblico giusto rappresentato da turisti sempre più consapevoli, che cercano la qualità della cucina italiana e che già in passato prima della pandemia la cercavano e lavorare sulla qualificazione dell’offerta - afferma Mauro Carbone - sono le priorità che le destinazioni, e gli operatori del settore, si devono dare per poter salvare il sistema generale".